Custodia delle armi: la fisima della “promiscuità”

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A volte la passione per le armi, il Tiro a segno o la caccia sono hobby di uno solo dei componenti di un nucleo famigliare, altre volte invece “contagiano” anche i parenti coabitanti: pensiamo per esempio a moglie e marito oppure padre e figlio. In quel caso può accadere che in una stessa abitazione vengano detenute armi di proprietà di uno dei componenti il nucleo famigliare e armi di proprietà di un altro.

Accade talvolta, in questa eventualità, che l’autorità di pubblica sicurezza nel disporre le eventuali prescrizioni per una diligente custodia, includa anche l’obbligo che le armi dell’uno siano tenute distinte dalle armi dell’altro, obbligando così, per esempio, ad acquistare due distinti armadi blindati quando, magari, in termini di mera capienza ne basterebbe uno solo.

Giustamente, alcuni dei lettori che si trovano a dover fronteggiare queste richieste, ci chiedono e si chiedono se siano supportate da specifiche disposizioni di legge o se la “promiscuità armiera” sia un tabù che insorge nell’immaginario dello specifico funzionario di Ps.

Cosa dice la legge
Gli articoli di riferimento in relazione alla custodia delle armi sono il 20 e il 20bis della legge 110/75: il primo (art. 20) prevede che per le armi comuni da sparo la custodia “deve essere assicurata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”. Inoltre lo stesso articolo 20 prevede che “Chi esercita professionalmente attività in materia di armi o di esplosivi o è autorizzato alla raccolta o alla collezione di armi deve adottare e mantenere efficienti difese antifurto secondo le modalità prescritte dall’autorità di pubblica sicurezza”.

L’articolo 20bis punisce chi “consegna a minori degli anni diciotto, che non siano in possesso della licenza dell’autorità, ovvero a persone anche parzialmente incapaci, a tossicodipendenti o a persone impedite nel maneggio, un’arma fra quelle indicate nel primo e secondo comma dell’articolo 2, munizioni o esplosivi diversi dai giocattoli pirici” e punisce anche chi “trascura di adoperare, nella custodia delle armi, munizioni ed esplosivi di cui al comma 1 le cautele necessarie per impedire che alcuna delle persone indicate nel medesimo comma 1 giunga ad impossessarsene agevolmente”.

Se si parla di persone coabitanti entrambe in possesso di porto d’armi (o che abbiano avuto in passato il porto d’armi e l’abbiano lasciato scadere e non rinnovato, risultando oggi meri detentori di armi), si parla però automaticamente di persone che hanno dimostrato la loro capacità tecnica (richiesta per il primo rilascio del porto d’armi) nel maneggio dell’arma (quindi non possono essere considerate impedite nel maneggio) e che non possono essere considerate né parzialmente incapaci, né tossicodipendenti, né tantomeno minori d’età. Non si comprende, quindi, quale previsione di legge rimanga, per impedire a una coppia o a un padre e un figlio di conservare le armi di entrambi nello stesso armadio blindato (che siano detenute in forza della semplice denuncia oppure della licenza di collezione), avendo quindi in linea teorica l’accesso tanto alle armi dell’uno, quanto a quelle dell’altro. Che è comunque cosa diversa rispetto al comodato dell’arma.

Una siffatta prescrizione da parte dell’autorità di pubblica sicurezza appare, quindi, non supportata da un effettivo riscontro normativo.

Articolo di Pettinelli Ruggero, preso dalla rivista “Armi e tiro”

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